La scoperta della compensazione.
Ecco come Raimondo Bucher descrive, in una intervista, la scoperta della compensazione:
“Parallelamente ai problemi tecnici aumentarono anche quelli fisici, per poter raggiungere una preda sempre qualche metro più profonda.
Allora nulla si conosceva e così anche io fui vittima di quella ignoranza e mi ruppi due volte i timpani, anche se ero a una profondità veramente bassa.
Il mio amico Massimo d’Asta, che era miope, portava gli occhiali e per poter vedere a qualche metro di distanza scendeva con gli occhialini, come le pescatrici giapponesi Ama, con al posto dei vetri le lenti ottiche.
Per non far penetrare acqua dalle narici metteva uno stringinaso, costituito da una molla.
Così per caso, trovandosi a deglutire in immersione con le narici chiuse, riusciva a scendere sempre tranquillamente qualche metro in più di me, mentre io avevo dei dolori fortissimi.
Un giorno gli chiesi: “ma tu come fai?”, e lui: “io attacco la marcia, quando sento il mal di orecchie, deglutisco”.
Io continuavo a pensare e ripensare a questa sua affermazione: un giorno presi delle mollette per stendere i panni ed a Gallipoli mi immersi con queste, che però stringevano e mi facevano molto male al naso.
Arrivai alla profondità di -20 m senza sentire niente, nessun dolore alle orecchie: mi sembrava di aver scoperto il paradiso: ero riuscito a compensare!
Allora è nata la leggenda di quel pazzo di Bucker che riusciva a scendere a 20 m e oltre.
Con il mio amico Massimo, cominciai a scendere a 20-25 m, e si sparse la voce che ero un fenomeno, ma io non lo ero affatto: avevo scoperto la compensazione, che allora non si conosceva.”